PROLOGO: Germania, confine
con la Francia.
L’antico castello dei
Königsblut si stagliava come il fantasma di una sentinella, lungo un confine
vecchio come la storia della Germania.
Da prima che esistesse il castello, gli antenati dei Königsblut
difendevano con valore le genti della loro patria, ricambiati con le ballate ed
i tributi riservati agli eroi. Questo, nonostante nelle
vene dei Königsblut scorresse il sangue del Popolo… O dei Lupi Mannari, per
metterla in termini più semplici.
Ma quello era il passato. Di quella gloria erano rimasti
gli echi. Di quella fama erano rimaste voci spaventate, sussurrate con timore
nel folklore locale.
Della stirpe dei Königsblut,
non era rimasto che un solo rappresentante, Leonhardt, un individuo che aveva
sacrificato la propria dignità in nome dell’onore combattendo per difendere la Germania Nazista, trasformandosi così in un criminale di
guerra ancora ricercato.
Ma il destino aveva voluto
concedergli un’occasione di riscatto, la prima e l’ultima: se la patria, la
patria sua e dei suoi antenati, lo rifiutava, la sua gente, la sua vera gente,
aveva bisogno di lui
Il Popolo aveva bisogno del
suo castello e della sua forza per ospitare un ‘branco
migratore’, dodici licantropi destinati alle misteriose terre di Avalon, per la
precisione alla tribù dei Tuatha da Danaan. Il loro sangue
sarebbe stata nuova, preziosa linfa che avrebbe salvato i lupi di Avalon
dall’estinzione.
Il compito di Leonhardt von
Königsblut era proteggere questa gente fino all’arrivo del Power Pack, il branco
dei campioni del Popolo, che avrebbe preso in consegna i migratori per il resto
del viaggio… Tuttavia, una serie di eventi aveva fatto
ritardare il loro arrivo. E non solo: ad Avalon, si
stagliavano le ombre della guerra, ed il Pack non poteva materialmente restare
lì lungo.
Così, un rappresentante dei
Tuatha era stato inviato alla volta della favolosa Wundagore, per chiedere l’aiuto dei suoi Cavalieri. In cambio della
loro protezione, a loro ed a tutti i Wundagoriani sarebbe stata data una nuova
patria dove vivere e prosperare.
Ma, giunti al castello, i
Cavalieri incontrarono le prime difficoltà: Lady Ursula e Lady Vermin,
rispettivamente una grizzly ed un ratto, precipitarono
in un pozzo senza fondo all’interno del castello. La torre est crollò addosso
alla tigre Sir Kahn. Sangue cominciò a colare dalle pareti del corridoio dove
si trovava la pantera Bagheera. All’esterno, il falco Sir Rahn si trovò a
confrontare un improvviso sorgere di una tempesta…
MARVELIT presenta
Episodio 3 - L’Onore ed il Sangue (II parte)
Una nuova corrente, ancora più
forte delle precedenti, spinse Rahn verso le pareti del castello. Il falco
quasi fu piantato contro i mattoni -era la prima volta
nella sua vita, che il cielo lo respingeva con una simile potenza! I fulmini
danzavano nelle nere nuvole, scaricandosi a terra, incendiando alberi maestosi
uno dopo l’altro.
“Mostrati, vile!” gridò Rahn,
ancora attaccato alla parete. “Smettila di nascondere il tuo volto e affrontami
con onore!”
In risposta alla sua sfida, le nuvole turbinanti si
raccolsero effettivamente in una nuova forma, con i fulmini a disegnare i lineamenti
di un volto…
Un volto
umano, coperto nella sua metà superiore da una maschera metallica, con le
nuvole a fungere da cappuccio sulla testa. “Volevi vedermi, animale? Eccomi.
Sono il Generale Dreath, al servizio di Thulsa Doom, servo fedele
dell’onnipotente Set. Sono qui per annientare il vostro branco migratore ed i
suoi protettori. E poiché il Power Pack non si è ancora mostrato, voi Cavalieri
sarete ugualmente un buon sacrificio a Set.”
“Questo…non è…ancora…detto!”
sibilando ogni parola, Rahn sforzò al massimo i muscoli e la propria armatura. Anche se il cielo era stato mosso contro di lui, lui era un
Cavaliere di Wundagore. Solo la morte poteva fermarlo!
E il falco riuscì a staccarsi Diede massima potenza ai
propulsori, e si gettò verso la corte interna del castello -questa era una
minaccia che i Cavalieri dovevano affrontare insieme, questo nemico era troppo
forte per loro, individualmente… “SQUAEEK!”
Un fulmine scoccato
dall’occhio del ‘volto’ nel cielo lo colpì in pieno! E per quanto l’armatura potesse proteggerlo dalla tensione,
l’impatto alla schiena, quasi all’attacco del collo, fu sufficiente a farlo
precipitare, stordito, verso terra.
Era troppo basso,
maledizione. Sentiva la risata fatta di tuoni del suo nemico, vedeva il
suolo avvicinarsi a lui in una specie di nebbia… Se solo fosse stato più in
alto, si sarebbe ripreso per tempo…
Qualcosa lo afferrò al volo,
spingendolo poi verso l’alto!
“Chi osa?!”
ruggì il Generale Dreath, osservando lo strano velivolo a monoala, che aveva
agganciato il Cavaliere per il ventre.. Fece scoccare
nuovamente i suoi fulmini, ma ogni colpo si vaporizzò invano contro uno scudo
energetico.
L’apparecchio scarlatto si diresse
sulla torre ovest. Lì, deposito il corpo di Rahn, per poi atterrare sulla coda
forcuta. A quel punto, come metallo liquido, le sue forme si incresparono
e si riorganizzarono…in quelle di una creatura licantropesca.
“Warewolf!”
disse Dreath. “Così, siete arrivati?”
“Oh, sì. E
siamo pronti a soffiare, sbuffare e buttare giù la casa... Oh, a proposito…”
con un artiglio, indicò verso quello che restava della torre est. “C’è qualcuno
laggiù che vorrebbe salutarti come meriti.”
Il volto di Dreath osservò le
rovine… E un attimo dopo, un mostruoso geyser di energia
esplose fra di esse, diretto verso di lui!
Non c’è altro modo per
descriverlo: il colpo annientò il
volto di nuvole e fulmini in un’esplosione di tale potenza da spazzare via ogni
traccia della perturbazione. Solo pochi filamenti nuvolosi rimasero
dell’aggressore.
Le rovine furono spostate dal
basso. Mano a mano che furono smosse, fu rivelata la
gigantesca forma che finalmente se le scrollò di dosso come un cane si scrolla
l’acqua dal pelo.
Metafora adatta per il
titanico Fenris di Asgard, il cui muso ringhiante
ancora sbavava tracce dell’energia appena eruttata.
Sotto di lui, Kahn era sano e
salvo. “Grazie, creatura. Sono in debito con te.”
“Stai
attento,” disse il figlio di Loki, fissandolo con una
strana luce negli occhi. “Un giorno potrei riscuoterlo.”
Ancora una volta, la spalla
corazzata tentò di sfondare la porta. E ancora una
volta, un’ansimante Bagheera dovette ammettere di essere in trappola. Il sangue
le era arrivato all’altezza della vita. Di questo passo, sarebbe stata sommersa
nel giro di un minuto.
I suoi sensi le dicevano che
era tutto vero. Sentiva il liquido inzupparle la pelliccia, riempirle i pori.
La puzza ramata la faceva vacillare. Le sue orecchie fremevano ad ogni suono
scrosciante del liquido contro i muri e contro di lei…
Eh?
Una scintilla. Un punto di luce, non più spesso della punta del suo artiglio, ma
brillante come una stella. Era apparso all’improvviso nel crescente lago di sangue.
Sotto gli occhi di giada della
felina, la scintilla si mosse, animata di vita propria. Sempre più velocemente
si mosse, lasciandosi dietro una scia del proprio percorso, come se un’invisibile mano stesse disegnando…cosa?
La figura fu completata. Ora
la scintilla stava tracciando un cerchio intorno ad essa.
Bagheera pensò istintivamente ad un qualche glifo…
I contorni della figura si illuminarono al punto che lei dovette chiudere gli occhi!
Sentì un tremendo calore venire dal glifo, e sentì ancor più il fetore del
sangue che adesso si era messo a bollire!
Le sue orecchie risuonarono
delle grida di innumerevoli esseri umani, uomini e
donne, urla di anime tormentate, versi rabbiosi e infinitamente tristi…
Bagheera ebbe voglia di
portarsi le mani alle orecchie, isolarsi da quelle urla, trovare un angolo
quieto in cui rifugiarsi, e*
Le urla cessarono. Il calore
si estinse.
La pantera aprì gli occhi,
guardandosi intorno.
Tutto era come prima di
quell’allucinazione. Sentiva ancora l’odore del sangue, ma doveva essere solo
un’impressione, visto che neppure sul suo corpo ne era
rimasta traccia…
Poi la vide, alla fine del
corridoio, davanti alla porta ora aperta: una lupa mannara, coperta di pelo
rossiccio, dagli occhi rossi come tizzoni ardenti.
“Salute a te, Cavaliere di
Wundagore: io sono Altheana, o Ferocia, del Power Pack.”
Bagheera rinfoderò la spada.
“Sei stata tu a fare cessare l’allucinazione?”
Ferocia scosse la testa. “Non
era un’allucinazione: era un incantesimo del Generale Dreath delle forze del maligno dio-serpente Set. Il sangue che doveva soffocarti
è quello degli innumerevoli morti dei nemici dei
Königsblut. Set ed i suoi seguaci possono avere facile presa sui nemici del
Lupo, che siano vivi o morti. Tutto quello che ho
fatto è stato esorcizzare questa magia, ma la battaglia è appena iniziata.”
“Allora il branco migratore è
minacciato anche qua dentro. Seguimi!” disse il Cavaliere. Si voltò e corse
via, seguita da Ferocia.
“Non
avere troppa fretta,” disse la lupa hyboriana. “Il
branco è già ben difeso.”
Un mulinare di braccio coperto
di pelo nocciola. Un bagliore di lama.
E il teschio umano fu tagliato in due all’altezza del
setto nasale.
Lord Alexander si mise
nuovamente spalla a spalla con una femmina in armatura identica a lui, sua
sorella e Cavaliere Lady Raska..
La situazione non sembrava
esattamente a loro favore: anche se il branco migratore si era unito alla
lotta, con risultati tutt’altro che disprezzabili, restava il
fatto che si trovavano in uno spazio chiuso, in quattordici contro
almeno il triplo in scheletri umani animati da un’oscena volontà omicida. Farli
a pezzi non serviva a nulla, se ci si limitava a smembrarli: bisognava o
distruggerli osso per osso, o fare a pezzi almeno i crani.
Poteva essere peggio di così?
Sì, visto che tutti quei mucchi di ossa erano armati,
chi di mazze, chi di lance, chi di spade… E sapevano usarle bene! Se i mannari non avessero posseduto il loro fattore di
guarigione naturale, sarebbe stata una strage…
Cinque scheletri attaccarono,
ognuno da un lato, brandendo alte le loro armi.
Raska ne accolse
due con un ampio taglio diagonale della sua spada! Il primo scheletro si trovò
il cranio diviso in due, mentre il secondo perse tanto la testa, all’altezza
del collo, quanto la sua mazza -almeno le loro armi
erano vecchie quanto loro. Potevano anche uccidere, ma erano fragili di fronte
alle armi dei Cavalieri.
Alexander si gettò contro gli
altri tre avversari. Un attimo prima dell’impatto, in
un unico gesto si tolse il mantello e lo gettò contro due scheletri. Non aveva
sperato davvero che funzionasse, ma li rallentò per
davvero!
La sua lama calò contro le loro teste.
Il terzo scheletro si gettò
contro di lui, alle sue spalle. Alexander si stava già voltando, pronto per
accoglierlo a dovere…quando la lama di Lady Raska colpì il cranio alle spalle,
uscendo di netto dall’orbita. Come gli altri prima, lo scheletro si trasformò
in un mucchio d’ossa scomposte.
Quasi nello stesso istante,
nuovi squarci si aprirono nel pavimento del salone, e ne emersero
altri cinque scheletri armati.
I migratori ed i Cavalieri si
erano uniti in cerchio. Uno scheletro tentò un affondo di lancia ai danni di
una femmina -solo per scoprire che le regole del ‘sesso
debole’ non si applicavano ai licantropi. La mannara afferrò la lancia e tirò
l’aggressore a sé. Un suo pugno ne trasformò il cranio in briciole.
Un nuovo scheletro emerse da
uno squarcio.
“Stanno dissipando le nostre
forze un po’ per volta,” disse Alexander, rivolto al
capobranco. “Finché restiamo qui, siamo solo bersagli.”
Ma dove diavolo era finito il Conte? Era il solo che potesse indicare una zona sicura nel castello o nei dintorni…
“Alfa, siete pronti a tentare uno sfondamento?”
Il capobranco annuì. “Pronti o
no, dobbiamo provarci.”
Altri quattro scheletri si
gettarono contro il cerchio di lupi. I mannari si prepararono a riceverli…
Un’ombra nera schizzò alle
spalle delle ossa! Velocissima, corse da uno scheletro all’altro, demolendone i
crani con un solo pugno, uno dopo l’altro.
Entrambe le fazioni voltarono
le teste all’unisono in direzione del nuovo venuto, mentre questi si fermava…
…rivelandosi
essere un nuovo licantropo, senza coda, nero come la notte, dagli occhi di
brace. “Buenas tarde, hermanos de la luna,” disse,
flettendo gli artigli e sorridendo con candide zanne. “Sono Carlos Lobo,
Espectro del Power Pack.” Il mannaro raccolse una
lancia del nemico. “Al mio segnale, correte fuori di qui.”
Brandì l’arma come un lanciatore… “Ora!” e la scagliò!
Il branco si mise a correre,
difeso in testa dai Cavalieri. Alexander e Raska fecero a pezzi le ossa più
vicine a loro. Quanto alle altre, si trovarono colpite
in rapida sequenza da una lancia che sembrata animata di vita propria e più
precisa delle cosiddette ‘armi intelligenti’.
Espectro lasciò che l’arma si
conficcasse nel muro. Il suo attacco aveva fatto piazza pulita. Si chinò a
raccogliere una mazza e uno scudo pentagonale, e corse a raggiungere i suoi
protetti.
“Sei un telecineta?” chiese
Alexander, quando il nero mannaro li raggiunse a velocità fulminea.
“È stato lo spirito del mio hermano a fare quello che hai visto,” fu la laconica risposta.
Alexander aveva, però, altre
domande per la testa. “Come stanno i nostri compagni?
Il Conte..?”
“I tuoi amigos sono al sicuro. Il Generale Dreath non si aspettava che
fossimo capaci di prenderlo a morsi. Dobbiamo trovarci nella corte per
organizzarci…”
“Il
Generale Dreath..?”
Tutto lo spirito combattivo e
l’abilità fisica di questo mondo non potevano compensare il numero superiore.
Avrebbe dovuto ben saperlo il
Conte Leonhardt von Königsblut, che aveva visto come la macchina da guerra russa
aveva stritolato le orgogliose forze del Terzo Reich.
Il corpo del licantropo
perdeva sangue da numerose ferite. La sua uniforme era lacera al punto da
essere ridotta a pochi stracci. Poco importava l’avere distrutto un gran numero
di quelle ossa maledette, se un eguale numero ne prendeva il posto un momento dopo..!
Leonhardt indietreggiò fino al
grande ritratto che mostrava il fondatore della
dinastia. Gli occhi severi del mannaro sembrarono fissare con astio il
discendente sconfitto.
Leonhardt si ripulì il muso da
una traccia del proprio sangue. “Sehr Gut, vecchi nemici. Vi mostrerò di cosa è
capace il figlio di coloro che già una volta vi cacciò dove meritate.” Gettò a terra la sua mazza a catena.
Gli scheletri avanzarono. Ce
n’erano tanti da riempire tutto il corridoio. Uscirne vivi sarebbe stato decisamente un
miracolo…
Un’ombra nera passò sopra
l’armata dei morti!
Hm? Il Conte si chiese che
trucco fosse questo, ora…
Zampe nere saltarono
velocissime di cranio in cranio. Mani artigliate lasciarono cadere piccole
sfere nere fra le fila del mostruoso assembramento.
Finalmente, con un ultimo
salto, la figura fu al fianco di Leonhardt. Prima che il licantropo potesse dire o fare qualcosa, si trovò afferrato per la vita
come fosse stato un bambolotto, e fu portato di sotto con un salto che sfondò
la balaustra di pietra.
Gli scheletri osservarono le
due figure atterrare come gatti due piani di sotto. Poi non videro altro.
La serie di esplosioni
fece tremare tutta quell’ala del castello. Minuscoli frammenti di ossa, mescolati a polvere e frammenti di legno e roccia,
ricaddero a pioggia sui due licantropi -uno dei quali era un colosso dalle
forme slanciate, ferali, dal pelo nero e lucido e gli occhi verdi. Indossava
solo una serie di cinture a multitasca su braccia, gambe, vita e petto.
“Chiedo perdono per le mie
pessime maniere, Conte,” disse il licantropo,
voltandosi verso Leonhardt. Fatto un breve inchino formale, aggiunse, “Sono il
Conte Nikolai Yurievich Apokalov. In battaglia, può chiamarmi Volk.”
Il
Conte si voltò verso l’uscita. “L’onore è mio, Conte. Ora dirigiamoci verso la
corte, presto.”
Il gruppo si ricompose in
prossimità dei cancelli del castello.
E Alexander notò subito le due assenze. “Lady Ursula e
Lady Vermin! Dove sono?”
Nessuno poté rispondergli.
Alexander ringhiò. “Devo tornare dentro. Lì dentro sono in pericolo.”
“Ce ne possiamo occupare noi,” disse Espectro, parandosi davanti a lui.
Il Cavaliere lo fissò negli
occhi. “Ogni Cavaliere di questa squadra è una mia precisa responsabilità. Voi
del Pack potete proteggere i migratori, se volete fare qualcosa. Conoscete
questo nemico meglio di noi.” E
senza attendere risposta, oltrepassò il mannaro messicano. Gli altri Cavalieri
lo seguirono a ruota.
“A proposito di assenti,” disse Warewolf. “Dov’è
Ursula?”
“È ancora viva,” rispose Ferocia. “Se fosse morta, lo saprei: ognuno di
noi porta un mio sigillo proprio per una simile evenienza.”
“Puoi localizzarla con quello
stesso sigillo?” chiese Espectro.
Lei scosse la testa. “Dovrei
essere in grado, ma è come se si trovasse allo stesso
tempo qui e in un qualche luogo lontano…”
Leonhardt spalancò gli occhi.
“Dannazione! So dov’è, e forse è lì che si trovano gli altri Cavalieri! Power
Pack, restate qui, devo avvertire Lord Alexander!”
detto ciò, si mise a correre a sua volta verso l’edificio principale
Nel cielo, le nuvole tornarono
a turbinare più veloce che mai. E un poderoso fulmine
scoccò verso il suolo.
Von Königsblut lanciò un
atroce ululato di dolore, quando fu colpito in pieno! Il suo corpo si illuminò come una lampadina, sotto gli occhi shockati
degli altri lupi… Poi cadde a terra, percorso da diverse lingue di fuoco.
Warewolf fu subito su di lui.
Da una fila di bocchette sui polsi, emise una nuvola di schiuma antincendio.
Un altro fulmine eruppe dal
cielo.
Il corpo metallico del
lupo-mannita fu colpito in pieno…ma dello spettacolare effetto pirotecnico che
ottenne, rimasero solo delle innocue scintille.
“Conte, mi sente?”
Il mannaro aprì gli occhi.
Senza neppure rispondere, le braccia tremanti, si mise carponi, quindi in
ginocchio. Il resto della sua uniforme era fuso alla pelliccia, che era quasi
completamente bruciata. Le ustioni di secondo e terzo grado avrebbero già
ucciso un essere umano. Neppure la formidabile stamina di un licantropo poteva
resistere a lungo in quelle condizioni, senza cure mediche…
Ma Leonhardt von Königsblut si mise ugualmente in piedi.
E fece un passo verso l’edificio.
Altri fulmini partirono verso
di lui, ma furono tutti intercettati dai mistici sigilli di Ferocia.
Il
Conte continuò a camminare verso la sua casa. Fosse stata l’ultima cosa della
sua indegna vita, non sarebbe morto nel disonore. Mai!
Dei sei missili lanciati, due
esplosero contro gli scudi degli scheletri, spazzando via una fetta delle forze
nemiche. Gli altri quattro infransero numerose gabbie toraciche
e braccia, prima di fermarsi contro le solide pareti: la loro esplosione
dissolse oltre la metà delle forze nemiche nel corridoio.
A colpi di spada, i Cavalieri
si fecero largo agilmente fra le rimanenti forze, seminando distruzione ad una
tale velocità da rendere inutile le ‘resurrezioni’ che
già cercavano di riempire i vuoti.
Lord Rahn si portò nuovamente in prossimità del soffitto, e dai fianchi delle
sue gambe partì una nuova raffica di minimissili.
Tre andarono a colpire il
pavimento, nei punti dove altri scheletri cercavano di venire
alla luce, riducendoli in briciole. Gli altri superarono il corridoio:
un attimo dopo, le esplosioni fecero volare via molte altre ossa.
Il gruppo si mise a correre
lungo il corridoio di ingresso. “Bagheera,” chiese Raska. “Cosa dice il tuo
localizzatore?”
La pantera nera osservò il
display nel bracciale. “Niente ancora. Sembrano essere scomparsi.”
Kahn scosse
la testa -così non andava! Se si mettevano a
vagare a casaccio nel castello, a combattere continuamente contro un’armata
inesauribile, avrebbero finito col soccombere…
“Cavalieri…” La voce era quasi
un sibilo, ma forte a sufficienza per le loro orecchie.
Leonhardt stava avanzando
verso di loro, appoggiandosi con una mano al muro. “Ascoltatemi…
so…”
Due scheletri dietro di lui
stavano sorgendo, pronti a colpire.
“Attento!” Sir Kahn estrasse
velocemente una coppia di bastoni metallici dalle custodie alle cosce e li
lanciò con un movimento rotatorio.
Le armi rimbalzarono contro
una parete, e da lì raggiunsero i crani delle ossa, sfondandoli.
Alexander e Raska raggiunsero
il mannaro. “Conte, cosa..?”
Lui quasi collassò fra le loro
braccia. “Il pozzo, nel salone dei ricevimenti… È lì che sono finiti i vostri
compagni…” ogni parola era accompagnata da un rantolo. “Ne sono sicuro… Andate,
non perdete tempo con me.” Per quanto debolmente,
spinse via Raska che lo sorreggeva.
“Non possiamo lasciarla qui,” disse Alexander.
Altri scheletri stavano
sorgendo intorno a loro.
Leonhardt scosse la testa.
“Lasciatemi una spada, e vi farò vedere cosa sa fare un von Königsblut.” Il suo tono non ammetteva repliche. E
i Cavalieri non gliene posero.
Sir Kahn estrasse la propria
spada e la diede al lupo. Poi i Cavalieri si voltarono e corsero via.
Leonhardt si mise in posa, pronto. Non aveva detto a quella gente che il
vecchio pozzo era senza fondo, che i corpi dei peggiori nemici vi erano stati
gettati quale ultimo gesto di sfregio, privandoli della sepoltura e della
memoria. Ma era anche sicuro che anche con una simile
informazione, i Cavalieri non si sarebbero arresi, quei paladini d’altri tempi…
Gli scheletri lo circondarono.
“L’ultima possibilità. Per i
miei antenati. Per il Popolo. Per l’onore…” mano a mano che parlava, una specie
di alone iridescente si manifestava sempre più intorno
al suo corpo. E allo stesso tempo, le forze perdute
ritornavano…
Ma tutto quello a cui lui pensava era il suo nemico. Una
volta, fuggì dalle forze alleate, fuggì da Capitan America. Fu l’ultima volta
che combatté per la sua patria.
“Non vi permetterò di
infangare la mia casa, mi sentite? MAI!” E se anche nessun essere vivente avesse cantato il suo nome, i suoi antenati lo avrebbero
fatto.
Leonhardt
von Königsblut si gettò contro le armate nemiche.
Un nuovo ululato distruttivo
annientò le nuvole maligne. Ma subito dopo, un altro
cumulo si formò altrettanto velocemente. Questa volta, non uno ma decine di fulmini
piovvero un po’ ovunque, tanto sui lupi quanto sull’edificio principale. Le
pareti vennero squarciate da ogni colpo, sollevando
fontane di polvere e frammenti.
“Questa
volta ha deciso di fare sul serio,” disse Warewolf,
mantenendo lo scudo esteso intorno a tutti loro. Per fortuna, Dreath, ignorante
di tecnologia com’era, non capiva che l’energia dei fulmini alimentava il mannita -il guaio era che
se lo avesse capito, niente gli avrebbe impedito di
sovraccaricarlo!
“Eccolo!” Il pozzo era lì dove
il Conte aveva detto.
E questa volta, non c’erano scheletri, ad accoglierli,
bensì innumerevoli soldati-fantasma, forme eteree, trasparenti, dai volti
carichi di rancore ed odio. Il gelo di quelle emozioni era come una barriera di
per sé.
I
fantasmi formavano una fitta barriera tutt’intorno al pozzo.
“Mi sembra di trovarmi qui da
un’eternità.”
“Dillo a me, Cavaliere.” Il ratto
annusò l’aria per l’ennesima volta. E ancora una
volta, nessun odore giunse dalle tenebre che circondavano lei e l’orsa grizzly
in armatura.
La creaturina, seduta sulle
posteriori sulla spalla della compagna d’arme, disse, “Mi
dispiace di averti trascinato fin qui, Ursula. Non so cosa mi sia preso,
per gettarmi qua dentro…”
“Non fartene un cruccio,
Vermin. La verità è che anch’io desideravo venire quaggiù, istintivamente: era
come se il richiamo del malevolo Chton echeggiasse dal pozzo.”
Entrambe speravano di potere avvertire gli altri Cavalieri, se avessero trovato qualcosa. Decisamente
non si erano aspettati di finire in quelle tenebre immutabili. Niente
riferimenti spaziotemporali, privazione sensoriale quasi assoluta. La luce dei
faretti delle armature non andava oltre i limiti del loro corpo. Se non fosse stato per il loro addestramento mentale,
sarebbero entrambe impazzite…
“Guarda!” disse
improvvisamente Vermin.
Non avrebbe avuto bisogno di
dirlo: una luce si era manifestata davanti a loro. Una luce
che era quasi un punto, proprio come la luce alla fine di una lunga galleria…
Una
trappola?
Altra
luce apparve dietro di loro. “Lady Ursula? Lady Vermin?” disse qualcuno dietro
di loro…
La lama spettrale arrivò
precisa all’altezza del cuore di Sir Kahn…e lì si fermò, dissolvendosi in una
pioggia di scintille evanescenti.
I Cavalieri passarono
attraverso le fila nemiche senza subire alcun danno, tanto fisico quanto
spirituale -Dreath aveva commesso un grave errore, affidandosi agli spiriti.
L’Alto Evoluzionario, insieme al mistico Magnus, aveva pensato a degli accorgimenti
contro gli attacchi mistici fin da quando i Cavalieri di Wundagore erano stati
creati. Accorgimenti che erano stati di grande aiuto nella
loro prima guerra contro Chton.
I Cavalieri
giunsero ad un passo dal pozzo. Nello stesso istante, le vetrate del salone
furono sfondate dall’esterno!
Come
altrettante saette d’argento, nel castello fecero irruzione le sagome di
quattro destrieri atomici. Le bestie meccaniche piegarono le ali e si diressero
verso l’imboccatura del pozzo.
Alexander, Raska, Kahn e
Bagheera saltarono in sella nel momento in cui entravano. Rahn li seguì
chiudendo la formazione.
Superati i primi cento metri,
i Cavalieri furono avvolti dalle tenebre assolute, perdendo di colpo ogni
riferimento spaziale, l’alto e il basso non esistevano più. Non potevano che
andare dritti e sperare per il…
Videro una luce, ancora
distante, ma senza dubbio l’unico riferimento utile.
Il gruppo procedette
in quella direzione…poi, i fari illuminarono due figure familiari.
“Lady Ursula? Lady Vermin?”
chiamò Raska.
Loro si voltarono di scatto.
“Grazie al Creatore, siete vivi!” esclamò Ursula.
“Dovremmo essere noi a
ringraziare il Creatore,” disse Alexander. “Vi
temevamo in grave pericolo.”
“Ursula,”
disse Bagheera, spettralmente illuminata dalle luci della propria armatura. “Cosa sai di quella luce?”
L’orsa scosse la testa.
“Quanto ne sapete voi, Cavalieri.”
“Monta,”
le disse Kahn, indicando il proprio destriero. “Se è una trappola, il
responsabile lo scoprirà a proprie spese.”
Dopo
che Ursula si fu accomodata dietro alla tigre, Alexander disse, “Tenete pronte le lance, Cavalieri. Si va!”
Dreath stava in piedi in mezzo
a un cerchio di pietra, nel folto degli alberi.
Indossava una lunga veste nera dai bordi dorati. Le sue mani, arti rachitici
costellati di macchie malsane, erano giunte come in preghiera.
Intorno al Generale di Thulsa
Doom, brillava un cerchio di fuoco, fuoco alimentato da ossa e teschi umani.
Fra le lingue ardenti, come in uno specchio distorto, scorrevano le immagini
dell’attacco al castello.
Non andava bene: il maledetto Power
Pack riusciva a resistere alla furia del cielo. Gli scheletri dei nemici dei
Königsblut non erano riusciti ad avere la meglio su quegli altri animali, e neppure
le sue armate spettrali erano state utili.
Ormai, non solo aveva esaurito
i trucchi a sua disposizione, ma era anche indebolito. Grande era la volontà di
Set, ma il suo corpo aveva bisogno delle energie dei morti, e quelle energie le
stava dissipando in quella battaglia, non immaginando la resistenza che avrebbe
incontrato…
“E va bene, lupi,” sibilò Dreath. “Un ultimo sforzo, un ultimo attacco. Vi
manderò dai vostri antenati con la forza di tutte le anime cadute dei nemici
dei Königsblut. Con i vostri alleati persi nel pozzo del castello, non verrà
nessuno ad aiutarvi!”
Il
Generale si concentrò. Sollevò le braccia, intonando una cantilena…
Nel castello, ogni singolo
scheletro si immobilizzò dov’era, e andò prima in
pezzi, e poi i pezzi divennero polvere. I fantasmi si dissiparono come fumo.
Nel cielo, le nuvole di
tempesta si raccolsero in una massa gigantesca, compatta al punto da sembrare
solida. I fulmini si delineavano in essa come un
osceno sistema venoso.
Ferocia
tracciò un sigillo, il suo più potente scudo. Warewolf temeva che un simile
momento sarebbe giunto. “Qui ci facciamo male, branco.”
E ora, lupi, morite!
Il Generale Dreath abbassò il
braccio per evocare il fulmine.
Un arco dai bagliori metallici
fendette l’aria.
Il braccio scese…e cadde a terra,
mozzato all’altezza della spalla. Come toccò il suolo, la carne e il tessuto si
trasformarono in polvere.
In distanza, la nuvola nera si
dissolse. La concentrazione necessaria a mantenerla era stata spezzata.
Dreath si voltò. Sotto la sua maschera, gli occhi si spalancarono. “NO! Nessuno è mai
uscito dall’Abisso di Krath!”
Purtroppo per lui, era
circondato dai Cavalieri al gran completo.
Bagheera, la spada puntata
alla sua gola, gli si avvicinò. “C’è una prima volta per tutto, servo del male.
Il tuo perfido dio ed il suo indegno fratello non prevarranno mai.” Il suo braccio scatto, più veloce dell’occhio.
Se Dreath era sconvolto per quello sviluppo inatteso,
ancora di più lo fu ritrovandosi la lama piantata in gola.
Non solo gli fece male, ma un attimo dopo sentì la vita
donatagli da Set venire meno. “No…” ma a quel punto era troppo tardi. Il
Generale che era stato sottratto alla morte, alla morte tornò, mentre il suo
corpo diventava polvere.
Bagheera
diede un calcio di disprezzo al mucchio di polvere fumante, quindi rinfoderò la
spada. Guardò verso il castello. “Speriamo che stiano bene…”
Per Leonhardt von Königsblut
non c’era più nulla da fare. Il suo corpo giaceva con la schiena contro il
muro. Le gravi ferite sommate alle ustioni avevano inflitto il colpo di grazia.
Era stata una morte molto
violenta. Eppure, il muso del mannaro tedesco era
stirato in un sorriso compiaciuto, sereno.
I Cavalieri presero
le loro spade, e, sollevatele, porsero omaggio a testa alta al valoroso.
I migratori ed il Pack proruppero in un lungo ululato triste.
“È morto da eroe,” disse Alexander, alla fine, rinfoderando la spada. “Il
suo sacrificio non sarà stato vano. Canteremo le sue lodi, appena avremo raggiunto
Avalon.”
Espectro annuì, poi fisso il
cane-lupo. “C’è una cosa che non capisco: Ferocia mi ha assicurato che quel
pozzo è un portale a senso unico verso un’altra dimensione. Come ne siete usciti?”
“Il Signore ha guidato i loro
passi,” disse una voce lupina femminile dietro di
loro.
“Ursula!” disse il nero
mannaro. “Dove eri finita? Il tuo dovere…”
La mannara dal pelo rosso,
ignorando il rimprovero del capobranco, si chinò sul corpo del Conte. “Ho
pregato,” fu la semplice risposta. Una croce dorata
brillò sopra la sua pelliccia della gola.
Toccò la fronte insanguinata,
ed annuì, soddisfatta. “Il suo spirito ha lasciato il corpo in pace, senza
rancori. È stato perdonato dei suoi peccati. Il Signore gli ha dato la forza di
adempiere al suo ultimo compito.”
Ci fu un intenso scambio di occhiate dai Cavalieri ai licantropi.
Espectro,
fissando la femmina, che a sua volta era impegnata a bisbigliare una preghiera
a fior di labbra, disse, “Ursula è animata da una fede
molto forte. Chiunque sia a rispondere alle sue preghiere, quando lo fa, lo fa bene. Se dice che è stato un intervento superiore a farvi
uscire dall’abisso e a dare le forze al conte nella sua ultima battaglia, le
credo e basta.”
Nel cristallo a sfera,
finemente sfaccettato, Ferocia tracciò un sigillo. Un
attimo dopo, i tre gruppi erano scomparsi.
La creatura antropomorfa,
almeno dalla vita in su, spense il gioiello che era
l’occhio del suo lungo bastone a testa di cobra.
Il serpente di nome Magus Kaa
si avvolse nervosamente nelle proprie spire.
Questo Power Pack era molto
più di un imprevisto: poteva diventare un ostacolo formidabile ai piani di
conquista della sua padrona. Avrebbe dovuto studiare qualcosa in merito…
Almeno, da questo punto di
vista, lo sgradevole episodio aveva lasciato dietro di sé un’interessante
eredità…
Kaa attivò di nuovo il suo
occhio del cobra, che ora mostrava il castello nella sua interezza.
“Sssì, molto interessante.”